IL DILEMMA DELLA DECORRENZA DEL TERMINE PER IMPUGNARE UNA DELIBERA CONDOMINIALE INVALIDA QUANDO È OBBLIGATORIO IL PREVENTIVO PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE DI CUI ALL’ART. 5 D.LGS 28/2010 (Tribunale di Milano 02/12/2016 n° 13360). A cura dell’Avv.Antonio Arseni- Foro di Civitavecchia

Già all’indomani dell’entrata in vigore del D.lgs 28/2010 tra gli operatori del diritto si è posto l’interrogativo relativo al coordinamento dell’art. 5 di detta legge con l’art. 1137, 2° comma c.p.c..

L’art. 5 del citato decreto legislativo, infatti, prescrive l’obbligatorietà del tentativo di mediazione, che si atteggia quale condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, in materia, tra l’altro, di controversia condominiali. Tra queste devono senz’altro annoverarsi, ex art. 71 quater disp. att. Cod. Civ., quelle funzionali alla dichiarazione di invalidità di una delibera condominiale, che all’uopo deve essere impugnata entro 30 giorni decorrente dalla data in cui è stata adottata, per i dissenzienti o astenuti ovvero dal momento in cui è comunicata per le persone rimaste assenti nell’assemblea, così come previsto dall’art. 1137 CC.

È appena il caso di rammentare che l’impugnativa de qua riguarda, sulla base dell’insegnamento della Cassazione a Sezioni Unita 07/03/2005 n° 4806, solo le c.d. delibere annullabili e cioè quelle che presentino vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta per legge o regolamento condominiale, quelle che sono affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali , regolamentari attinenti il procedimento di convocazione o informazione dell’assemblea, ed ancora, quelle che siano genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione e quelle che violino norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto.

Al contrario, devono considerarsi nulle e, quindi, impugnabili in ogni tempo quelle delibere assembleari che siano prive di elementi essenziali, quelle con oggetto impossibile o illecito, quelle con oggetto non rientrante nella competenza dell’assemblea, ed ancora quelle che vadano ad incidere su diritti individuali, su cose e servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ogni condomino ed, infine, quelle invalide in relazione all’oggetto.

Per fare un esempio (tratto da Cass. 19/03/2010 n° 6714) sono da considerare nulle quelle delibere assembleari attraverso le quali siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 CC o dal Regolamento Contrattuale, essendo necessario per esse il consenso unanime dei condomini, mentre sono annullabili e, come tali, impugnabili nel suddetto termine di 30 giorni, le delibere con cui l’assemblea determina in concreto la ripartizione delle spese in difformità dai criteri di cui all’art. 1123 CC.

È bene anche ricordare, nel contesto del presente elaborato, che a differenza dei casi di annullabilità, il cui vizio può essere denunciato dal Condominio entro il termine decadenziale di cui all’art. 1137 cc, con la decorrenza sopradetta, per le delibere nulle il vizio stesso è rilevabile ex officio da parte anche del Giudice, come nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo in cui il credito si fonda su una delibera affetta da tale patologia. In tali casi – contrariamente al precedente orientamento giurisprudenziale preclusivo del sindacato giurisdizionale, ancorché incidentale, da parte del Giudice dell’opposizione, essendo questo riservato al Giudice presso il quale la delibera è impugnata – la più recente interpretazione della Corte Regolatrice declina a favore della inesistenza di qualsiasi limite alla rilevabilità ex officio delle delibere condominiale nulle sottostanti il credito per oneri condominiali azionato monitoriamente, trattandosi della applicazione di atti la cui validità rappresenta un elemento costitutivo della domanda (Cass. 12/01/2016 n° 305).

Detto questo e affrontando nello specifico il tema degli effetti della mediazione sulla decadenza, va preliminarmente riportato quanto prescritto dal comma 6 dell’art 5 D.lgs. 28/2010 : “dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale ad impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce, la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal deposito del verbale di cui all’art. 11 presso la segreteria dell’Organismo”.

L’art. 1137 CC, nel testo novellato con la Legge 220/2012, sancisce che il termine per l’impugnativa delle delibere assembleari invalide deve considerarsi perentorio laddove nella precedente formulazione si faceva riferimento al fatto che l’impugnativa dovesse essere proposta “entro un termine di decadenza”.

Ma, al di là della terminologia utilizzata, va rilevato come detto termine debba considerarsi di decadenza, come lascia intendere l’art. 5 D.lgs. 28/2010 e , comunque, in quanto non si tratta di un termine processuale ma sostanziale, come tale non inerente al compimento di atti del processo ma attinente all’esercizio di un diritto che si intende far valere mediante la proposizione della citazione introduttiva di una lite al fine di assicurare la certezza dei rapporti condominiali. Un termine che in quanto non processuale non può essere rilevato d’ufficio (cfr. Cass. 15131/2011).

Ma le perplessità maggiori che ha suscitato la disciplina introdotta dalla L. 28/2010 riguardano il dato procedimentale che “impedisce la decadenza”, collegato dalla Legge, come visto, soltanto alla comunicazione alle altre parti della domanda di mediazione e non alla semplice presentazione. Con la conseguenza, ad esempio, che laddove la domanda di mediazione fosse presentata al 25° giorno (entro il termine di cui all’art. 1137 CC) ma comunicata alle altre parti dopo una settimana, per ritardi non dovuti all’istante ma all’Organismo, si correrebbe il pericolo della perdita del diritto dell’attore ancorché questi abbia depositato tempestivamente l’istanza.

Tale incongruenza, derivante dal dato letterale della norma, secondo molti commentatori sarebbe non solo sospetta di illegittimità costituzionale laddove determina la decadenza di un diritto in ragione di attività (la comunicazione da parte dell’Organismo) sottratte all’ingerenza dell’istante, ma anche incoerente con l’art. 8 della direttiva 2008/52 CEE. Questa, sotto la rubrica “Effetto della mediazione sui termini di prescrizione e decadenza” afferma che gli “Stati membri provvedano affinché le parti che scelgono la mediazione nel tentativo di dirimere una controversia non sia successivamente impedito di avviare un procedimento giudiziario o di arbitrato in relazione a tale controversia per il fatto che durante il procedimento di mediazione siano scaduti i termini di prescrizione o decadenza”.

Dette perplessità, all’indomani dell’entrata in vigore della L. 28/2010 avevano indotto molti operatori del diritto ad introdurre contemporaneamente l’azione giudiziale e quella di mediazione per impedire una eventuale decadenza laddove la comunicazione di cui si è detto fosse avvenuta oltre i termini di cui all’art, 1137 CC: il che ha fatto dire al Tribunale di Brindisi (ordinanza 24/03/2015) che la notifica preventiva, anche se cautelativa, dell’impugnazione frusterebbe l’obiettivo della mediazione all’esito della quale quel giudizio non sarebbe stato nemmeno proposto, meritando dunque, nella fattispecie sottoposta alla sua cognizione, la pronuncia di compensazione delle spese tra le parti processo rivelatosi ultroneo.

In definitiva “l’effetto impeditivo della decadenza, sulla base dei principi generali espressi dalla Cassazione e dalla Corte Costituzionale, non può che collegarsi, di regola, al compimento, da parte del soggetto onerato della attività necessaria ad avviare il procedimento di comunicazione alla controparte, il che in ragione di un equo e ragionevole bilanciamento degli interessi coinvolti, dovrebbe valere altresì laddove, una volta presentata la domanda di mediazione, la fissazione della data del primo incontro e le stessa comunicazione rimangono demandate all’Organismo e perciò sottratte all’ingerenza dell’istante” (in questo senso cfr Tribunale di Firenze 19/07/2016 n° 2718 in Rassegna Giuffrè 2016).

Ulteriore questione riguarda – una volta presentata l’istanza di mediazione, e definita la stessa attraverso il verbale negativo dell’accordo conciliativo- l’individuazione del termine da cui far decorrere i trenta giorni ex art. 1137cc per l’impugnativa della delibera in sede giudiziaria.

Nello specifico, è intervenuto il Tribunale di Milano, nella decisione in commento che ha preso decisamente le distanze da primo precedente rappresentato dalla nota pronuncia del Tribunale di Paslermo 19/09/2015 n° 4851 (in Red. Giuffrè 2015).

La vexata quaestio, può così sintetizzarsi: “Una volta fallito il tentativo di conciliazione, come si computa il termine per impugnare una delibera condominiale asseritamente invalida?

Per il Tribunale di Palermo, una volta comunicata alle parti l’istanza di mediazione, si produrrebbe la sospensione del termine ex art. 1137 CC con la conseguenza che, all’esito del deposito del verbale che dichiara il fallimento del tentativo di mediazione detto termine riprenderebbe a decorrere sommandosi a quello maturato al momento della comunicazione dell’istanza di mediazione.

Tale interpretazione , rimasta, per quanto consta, isolata, non è condivisibile in quanto la norma citata dall’art. 5 co. 6 del D.lgs. 28/2010 – laddove afferma che la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale ed impedisce la decadenza- farebbe intendere che l’istanza determini un effetto interruttivo e non sospensivo. Al pari di quanto previsto dall’art. 1945 CC, dovrebbe allora predicarsi che il termine di 30 giorni decorra nuovamente a far data dal deposito del verbale negativo e non riprenda computando anche quello maturato prima della domanda di mediazione.

A favore della tesi che vede nella proposizione della istanza di mediazione il verificarsi di un effetto interruttivo del termine ex art. 1137 CC, con tutte le conseguenze testé indicate, si schiera espressamente il Tribunale di Milano con la decisione in commento, segnalandosi che sono attestati sulle stesse conclusioni altri Tribunali, come ad esempio quello di Firenze, con la decisione già citata, nonché quello di Monza, con la pronuncia del 12/01/2016 n° 65 pubblicata in Redazione Giuffrè 2016.

Febbraio 2017 – Avv. Antonio Arseni Foro di Civitavecchia