SUL RISARCIMENTO DEL DANNO NEL TRASPORTO AEREO PER VOLO RITARDATO O CANCELLATO. La compensazione pecuniaria ed il danno morale (Giudice di Pace di Civitavecchia 20.03.2017 n.571 e Cassazione 10.06.2015 n. 12088) A cura dell’Avv. Antonio Arseni- Foro di Civitavecchia

 

Il  passeggero di un volo ritardato o cancellato od al quale è stato negato l’imbarco ha diritto,ricorrendo le condizioni previste dal Regolamento CE 261/2004, ad una compensazione pecuniaria e ad un risarcimento supplementare anche di natura non patrimoniale  laddove non sia di scarsa importanza, dovendosi escludere, sulla base dei vincoli restrittivi come individuati della Corte di  Cassazione a partire dalla decisione a Sezioni Unite. 22697/2008,  i meri disagi o fastidi che il passeggero stesso abbia subito per effetto di una delle evidenze suddette.

 

Questi, in estrema sintesi, i principi che si ricavano, in subiecta materia , attraverso la lettura del Regolamento UE 261/2004, che ha dettato regole comuni, applicabili in ambito UE in materia di compensazione ed assistenza  ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato,  nonché della  giurisprudenza nazionale e comunitaria

Una delle maggiori problematiche dibattute  in dottrina e giurisprudenza, è rappresentata dalla difficoltà  di individuare quali danni possano, nel caso concreto, conseguire ai disservizi del vettore aereo, tanto nella ipotesi di volo acquistato singolarmente, quanto a quello negoziato nel contesto di un “pacchetto tutto compreso”.

La compensazione pecuniaria prevista dal Regolamento CEE 261/2004, per i casi di negato imbarco, cancellazione o ritardo del volo aereo, esaurisce l’ipotesi di ristoro del danno in caso di inadempimento del vettore aereo?

Vi è spazio per il risarcimento del danno morale, tenuto conto delle indicazioni della Cassazione a S.U, la quale , nella nota sentenza c.d. di San Martino del 2008, ha affermato che non sarebbe lecito predicarsi il ristoro, sotto forma di danno non patrimoniale , dei meri disagi o fastidi  che un prolungato ritardo di un volo aereo o la sua cancellazione potrebbe determinare per la connaturale perdita di tempo che ne consegue?

Procedendo per gradi ed esaminando, dapprima,  la disciplina delle misure riparatore minime in ipotesi di disservizio imputabile al vettore aereo,  va subito detto che il passeggero medesimo, ricorrendo le condizioni previste dall’art. 7 del Regolamento CEE 261/2004, ha diritto ad una compensazione pecuniaria, a parte dalle altre misure di protezione ivi stabilite ( ad esempio  pasti e bevande in  relazione alla durata dell’attesa, sistemazione alberghiera ove necessaria , e così via), in caso di volo ritardato, cancellato ovvero nel caso di negato imbarco/overbooking ,  ipotesi queste tra di loro del tutto equiparate sulla base di una giurisprudenza comunitaria ormai pacifica dopo l’incipit rappresentato dalla sentenza della Corte di Giustizia UE 19/11/2009 C-402/2007 e C- 432/2007, c.d. Sturgeon (dal nome di uno dei ricorrenti, ma vedasi anche Corte di Giustizia UE 10/01/2006 C-344/2004-IATA ED ELFA). Detta decisione, infatti, facendo chiarezza sul punto, ha espressamente riconosciuto il diritto a favore del passeggero ad essere indennizzato, sotto forma della compensazione pecuniaria di cui si è detto, variamente commisurata e volta a garantire allo stesso una maggiore tutela, tenuto conto delle esigenze in materia di protezione dei consumatori in generale (punto 1 Considerando del Regolamento 261/2004), e nella dichiarata funzione di ristorare i gravi disagi e fastidi derivanti dal negato imbarco, dalla cancellazione o dal prolungo ritardo (considerando punto 2).

Una compensazione che costituisce, come accennato, una misura minima per il ristoro dei disservizi del trasporto aereo, con la deterrente finalità di migliorarli, senza escludere, però  (e questa è la seconda questione) che il passeggero possa aver diritto ad un risarcimento supplementare laddove alleghi e dimostri il pregiudizio ulteriore sofferto e di cui intende ottenere la riparazione.

In questo senso dovrebbe intendersi l’art. 12 del Regolamento de quo laddove stabilisce che esso “lascia impregiudicati i diritti del passeggero ad un risarcimento supplementare”: con l’avvertimento  che il risarcimento previsto dal Regolamento può essere detratto da quello che si ottiene in via supplementare (v. art. 12, 1° co., 2a parte).

E che questo debba essere il significato da attribuirsi all’art. 12 è confermato dalla stessa giurisprudenza comunitaria, con plurime decisioni, citandosi la pronuncia della Terza Sezione della Corte di Giustizia UE 13/10/2011, relativa alla causa C-83/10, SOUSA RODRIGUEZ/AIRFRANCE,  la precedente pronuncia  della Corte di Giustizia UE 10. 01.2006, causa C-344/04 IATA ed ELFA ed infine la sentenza 6 maggio del  2010, causa C-63/09, Walz,

Le suesposte considerazioni consentono, anche, di affermare la insussistenza di una incompatibilità in subiecta materia tra le disposizioni regolamentari UE e la convenzione di Montreal o il diritto nazionale italiano assolvendo, le prime, ad una funzione di complementarietà  che  deve accreditare l’idea di una cumulabilità e non alternatività degli strumenti risarcitori  de quibus

Esse parimenti ci aiutano a definire l’area del danno risarcibile in ipotesi di volo ritardato, negato imbarco e volo cancellato, nella cui nozione, secondo la citata pronuncia della Corte di Giustizia UE 13/10/2011, rientra anche il volo partito e ritornato nell’aeroporto di partenza, per qualsivoglia ragione, con trasferimento dei passeggeri su altri voli.

Il principio applicabile è sempre quello che si esprime nel brocardo latino “nullum criminen nullum iniuria” per cui oltre alle misure minime di ristoro, rappresentate dall’assistenza e dalla compensazione pecuniaria di cui si è accennato, dall’inadempimento del vettore aereo nella ipotesi sopradescritta   deriverebbe un risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale in quanto e laddove sia consequenziale al comportamento antigiuridico della compagnia aerea

Venendo, ora, a trattare, nello specifico, il c.d. strumento indennitario della compensazione, previsto dal Regolamento 261/2004, è bene subito ricordare, quali siano le condizioni necessarie per cui il passeggero possa giovarsene nonché le cause di esclusione.

In pratica, secondo la giurisprudenza comunitaria (v. Corte di Giustizia UE Sez. IV 19/11/2009 C-402/07 e C-432/07 Sturgeon), i passeggeri di voli ritardati per tre o più ore, sono assimilati ai passeggeri dei voli cancellati, ai fini della applicazione del diritto alla compensazione pecuniaria, la cui misura varia a seconda della lunghezza della tratta ed è così stabilita: 1) € 250,00, per tutte le tratte aeree, pari od inferiori a km 1.500; 2) € 400,00, per tutte le tratte intercomunitarie superiori a km. 1.500 e per tutte le altre tratte comprese tra i lm. 1.500 e 3.500; 3) € 600,00 per tutte le altre tratte aeree che non rientrano nei due precedenti casi. I ciò, oltre al diritto alla assistenza (cibi, bevande, pernottamento in albergo etc., (v. artt. 5, 6 e 7 Regolamento CEE 261/04).

Sulla base di quanto stabilito dalla Corte di Giustizia UE 23/10/2012 – cause riunite C-581/10 e C-629/10 Nelson, gli articoli 5 e 7 del Regolamento CE 261/2004 devono essere interpretati nel senso che i passeggeri di voli ritardati hanno diritto ad una compensazione pecuniaria, in forza di tale Regolamento quando, a causa di siffatti voli, subiscono una perdita di tempo pari o superiore a tre ore vale a dire quando giungono a loro destinazione finale tre ore o più l’orario di arrivo originariamente prevista dal vettore aereo, salvo il caso in cui quest’ultimo è in grado di dimostrare che il ritardo è dovuto a circostanze eccezionali che non si sarebbero potuto evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso, ossia circostanze che sfuggono all’effettivo controllo Sull’argomento vedasi anche Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 26/02/2013 C-11/11 Folkerts, secondo cui l’art 7 del Regolamento citato, deve essere interpretato nel senso che in forza di detto articolo, il passeggero di un volo con una o più coincidenze che sia stato ritardato alla partenza per un lasso di tempo inferiore ai limiti stabiliti dall’art. 6 di detto Regolamento, ma che abbia raggiunto la sua destinazione finale con un ritardo di durata pari o superiore a tre ore, rispetto all’orario di arrivo previsto, ha diritto alla compensazione pecuniaria, dato che questa non è subordinata alla esistenza di un ritardo alla partenza e, di conseguenza, al rispetto dei presupposti stabiliti da detto art. 6.

Sulla nozione di “distanza” di cui all’art. 7 paragrafo 1 del Regolamento UE 261/2004, la Corte di Giustizia UE, VIII Sezione, con la recente sentenza 07/09/2017 C-559/16 Bossen/Brussels Airlines, ha precisato che in detta accezione va inclusa, in caso di collegamenti aerei con una o più coincidenze, solamente la distanza tra il luogo del primo decollo e la destinazione finale, da stabilire secondo il metodo della rotta ortodromica, e ciò a prescindere dalla distanza di volo effettivamente percorsa.

Per rotta ortodromica (n.d.r.) si intende quel percorso o rotta che, congiungendo due punti sulla superficie terrestre, segna l’andamento di un cerchio massimo (comunque inclinato) percorrendo la distanza più breve.

La compensazione è esclusa quando il passeggero viaggia gratuitamente o ad una tariffa ridotta, non accessibile direttamente o indirettamente al pubblico, mentre è ridotta del 50% se al passeggero è offerto un volo alternativo per arrivare a destinazione entro e non oltre due, tre o quattro ore, rispettivamente per i casi di cui sopra, nn. 1, 2, 3.

Inoltre, sulla base del combinato disposto degli art. 5 e 7 del Regolamento CE non potrebbe farsi luogo a compensazione allorché la Compagnia aerea abbia assolto agli obblighi di informazione ivi previsti ( ad esempio l’avviso della cancellazione del volo con largo anticipo, che però deve essere effettuato personalmente la passeggero come chiarito recentemente dalla Corte di Giustizia UE, (ì Sezione 11.05.2017 causa C-302/16 BJAK/SLM)

Dette disposizioni Regolamentari si applicano, ex art.3 ai passeggeri in partenza da un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro soggetto alle disposizioni del Trattato, ovvero da un aeroporto situato in un paese terzo, che abbiano come destinazione quello di detto Stato membro, salve le ipotesi in cui possano aver contato su di una compensazione pecuniaria da parte dello Stato terzo in questione, qualora il vettore aereo operante il volo sia un vettore Comunitario .

Trattasi, come già accennato, di una misura intesa a ristorare il passeggero dell’inevitabile disagio che obtorto collo è costretto a subire per il caso di ritardo, applicabile per questo ex sè, sulla base della semplice ricorrenza di tale evento, il cui danno è in re ipsa in quanto il passeggero medesimo non è onerato di ulteriori prove se non quella di aver acquistato il biglietto aereo di un volo che ha subito un ritardo prolungato oltre i limiti temporali di cui sopra si è detto.

La formula utilizzata dal comma 3 dell’art. 5 del Regolamento CEE 261/2004 è quella che declina per  la configurabilità di una presunzione di responsabilità, che può essere vinta dimostrando la ricorrenza di due condizioni: a) un evento eccezionale, ossia non previsto e non prevedibile usando la normale diligenza (sostanzialmente un evento riconducibile alle cause di forza maggiore e di caso fortuito); b) accompagnato (si sottolinea questo) dalla effettiva adozione di tutte le misure idonee per evitare il ritardo, nonostante le quali la compagnia aerea non è riuscita ad essere puntuale.

È evidente che detta presunzione opera non sul piano della causa del danno, ma piuttosto su quella degli effetti essendo indispensabile provare, da parte del vettore aereo, che  l’evento dannoso (il ritardo),  si è prodotto nonostante la adozione di tutte le misure del caso concreto (non essendo sufficiente la generica diligenza), effettivamente messe in campo per evitare il pregiudizio sofferto dal passeggero, il quale gode di una tutela, per così dire rafforzata, contro i frequenti rischi dei disservizi del trasporto aereo.

Sul punto, va sottolineato che spesso le compagnie aeree si difendono deducendo, quale causa del ritardo, l’esistenza di motivi tecnici incidenti sulla sicurezza del volo, del tutto insufficienti, per le ragioni testé ricordate, a configurare una idonea causa di esonero della relativa responsabilità ma purtroppo spesso sufficienti a scoraggiare il soggetto danneggiato dall’intraprendere una lite giudiziaria che comporta perdita di tempo e denaro.

Su tale argomento, di recente è intervenuta, in modo molto appropriato, la Corte di Giustizia UE, ordinanza del 14/11/2014, C-394/2014- Siewert/Condor

Tale pronuncia, ribadendo l’orientamento già in passato espresso sul diritto alla compensazione pecuniaria, secondo i termini e modalità suddette (v., di poco precedente, anche Corte di Giustizia UE IX Sez. del 04/09/2014, C-452/2013 Germanwings/Henning, la cui importanza è data dal fatto di aver identificato l’orario di arrivo a destinazione, ai fini del calcolo del ritardo risarcibile, quando si apre almeno uno dei portelloni dell’aeromobile), ha affermato i seguenti condivisibili principi, in tema di cause di giustificazione escludenti la responsabilità del vettore aereo:-

  • la compagnia aerea è liberata dall’obbligo di compensazione pecuniaria, a favore del passeggero di un volo ritardato oltre i limiti temporali previsti dal Regolamento 261/2004, quando può dimostrare che l’evento dannoso è dovuto a circostanze eccezionali che non si sarebbero potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso, ossia circostanze che sfuggono al controllo del vettore aereo (considerando 14 e 15 nonché art. 5 paragrafo 3 del Regolamento de quo – v. in particolare Corte di Giustizia UE 19/11/2009 C-402 e 432/07 già citata + Corte di Giustizia UE IV 22/12/08 Wallentin C-549/07);
  • trattandosi di una deroga al principio della compensazione pecuniaria a favore dei passeggeri, il citato art. 5 paragrafo 3 deve essere interpretato restrittivamente, nel senso che non tutte le circostanze eccezionali determinano un esonero e spetta al vettore aereo, che vuole avvalersene, dimostrare in aggiunta, che esse non si sarebbero potute evitare con misure che, nel momento in cui si sono verificate tali circostanze eccezionali, rispondono, in particolare, a condizioni tecnicamente ed economicamente sopportabili per il vettore aereo.

Con particolare riferimento ai c.d. problemi tecnici, la Corte di Giustizia ha chiarito, ad esempio, con la pronuncia 14/11/2014 nella causa C-394/14 Siewert/London, che essi possono rientrare nel novero delle circostanze eccezionali unicamente se collegate ad un evento che, come quelli elencati dal Considerando 14 di tale Regolamento, non è inerente al normale esercizio dell’attività di vettore aereo in questione e sfugge al suo effettivo controllo per la sua natura ed origine.

Nello specifico caso trattato dalla Corte di Giustizia Europea, il ritardo del volo doveva imputarsi, secondo la compagnia aerea, ad un problema tecnico dovuto all’urto di una scaletta mobile contro l’aereo. Questo però, secondo la CGUE, doveva farsi rientrare tra le emergenze che potrebbero accadere in quanto tali scalette o parallele vengono necessariamente utilizzate, consentendo ai passeggeri di salire e scendere dall’aereo e che, quindi, i vettori si trovano con regolarità ad affrontare situazioni correlate all’impiego di siffatte scalette. In questo senso, l’urto doveva considerarsi un evento inerente al normale esercizio dell’attività della Compagnia aerea, non provocato da un atto estraneo ai normali servizi aeroportuali, quale sarebbe un atto di sabotaggio o di terrorismo, solo questo riconducibile alla nozione di “circostanze eccezionali” idoneo ad escludere la responsabilità del vettore.

Vanno ricordati, in merito alla valutazione della eccezionalità dell’evento, i chiarimenti offerti sempre dalla Corte di Giustizia UE, ad esempio con la recente decisione del 04/05/2017 C-315/15, Petkova e Peska, laddove è stato affermato che la collisione tra un immobile ed un volatile costituisce una circostanza eccezionale che può liberare il vettore dal suo obbligo di compensazione in caso di ritardo prolungato di un volo. Ed ancora, con la decisione 31/01/2013 C-12/11 Mc Donagh, relativa alla nota vicenda dell’eruzione del vulcano Eyafjalljokull (Islanda) che aveva provocato la chiusura dello spazio aereo di vari stati membri, tra il 15 ed il 22/04/2010, a causa dei rischi corsi dagli aeromobili: evento da considerarsi del tutto eccezionale di talché doveva escludersi il pagamento della compensazione pecuniaria prevista dall’art. 7 del Regolamento ma non anche l’obbligo di prestare assistenza al passeggero costretto per alcuni giorni a non poter fare rientro a casa e, quindi, a rimborsare le spese necessarie per vitto, alloggio e trasporti durante i giorni di forzata attesa prima di poter ripartire.

Ricordato che il giudice territorialmente competente a conoscere una domanda di compensazione pecuniaria basata sul contratto di trasporto e sul Regolamento UE 261/2004 è quello, a scelta dell’attore, nella cui circoscrizione si trovano il luogo di partenza e quello di arrivo dell’aereo quali indicati nel contratto (v. Corte Giustizia UE IV Sezione 09/07/2009 C-204/2008)Rehder/Air Baltic,), va a questo punto affrontata, nello specifico, la questione della identificazione degli ulteriori danni che l’art. 12 del Regolamento 261/2004 definisce supplementari rispetto la compensazione pecuniaria di cui si è detto, che hanno avuto una sorta di consacrazione per effetto dell’orientamento adottato dalla Corte di Giustizia UE con la nota sentenza dell’ottobre 2011: complementari e compatibili fra di loro per la diversità della fonte normativa da cui scaturiscono, il Regolamento 261/2004 per la compensazione; la Convenzione di Montreal 1999, ovvero il diritto nazionale di ciascun paese membro per danni supplementari.

Orbene, è ormai un dato acquisito che in queste ultime categorie sono ricompresi sia il danno patrimoniale, nella duplice veste del danno emergente e da lucro cessante sia quello non patrimoniale di cui costituiscono voci od aspetti il danno all’integrità psico-fisica, quello morale e quello esistenziale.

Riprendendo il percorso tracciato dalla giurisprudenza comunitaria e facendosi riferimento, per la disciplina relativa, al diritto nazionale, va detto che nel nostro Codice Civile ( ma anche in quello della navigazione ) sono dettate, in tema di trasporto e, quindi, anche per quello aereo, particolari disposizioni.  Nello specifico, va posta attenzione   all’art. 1681 co. 1, secondo cui “salva la responsabilità per il ritardo e per l’inadempimento nell’esecuzione del trasporto, il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio…….se non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”.

Secondo la dottrina e la giurisprudenza, la disposizione appena riportata configura una ipotesi di presunzione di responsabilità laddove le due obbligazioni (di risultato), quella di trasportare e quella di trasferire indenne a destinazione l’oggetto del trasporto sono intrinsecamente ed indissolubilmente connesse. È stato sottolineato in dottrina come “il vettore sarebbe responsabile di tutti gli eventi dannosi riferibili non solo alla attività di trasporto in quanto tale, ma altresì alla complessiva attività organizzativo-funzionale allo stesso, e perciò riferibile, di volta in volta, alla  sua azione  od a quella  e dei  suoi ausiliari, che pertanto, assumono rilievo civilistico” (Romanelli – Silingardi, in  Cian/Trabucchi, Commentario Breve al Codice Civile, Padova 2002).

Detta presunzione opera quando sia provato il nesso causale tra il sinistro occorso al viaggiatore e la attività del vettore in esecuzione del trasporto, restando esclusa allorché sia accertata la mancanza di una colpa in capo al vettore, come nel caso in cui l’evento pregiudizievole venga attribuito al fatto del viaggiatore stesso (v. ex multis Cass. 23/02/2009 n° 4343, Cass, 30/04/2011 n° 9513) o come nel caso in cui è stata provata l’adozione da parte del vettore stesso di tutte le misure idonee ad evitare il danno (cfr Cass. 19/05/2008 n° 12694).

Sulla base della ricordata normativa civilistica, la evidenza di un negato imbarco, di un volo ritardato o cancellato, può in via generale essere fonte di danni risarcibili sia per quanto riguarda le spese concretamente sopportate a causa dell’evento, logicamente diverse da quelle eventualmente rimborsate dalla Compagnia aerea a mente dell’art. 9 Regolamento 261/2004 (diritto assistenza per costi, vitto ed  alloggio, trasporto in albergo telefoniche etc) sia per quanto riguarda il c.d. mancato guadagno.

In riferimento a quest’ultima voce si pensi ad esempio all’ipotizzabile caso di un artista che, a seguito di ritardo aereo o cancellazione del volo o di negato imbarco, non abbia potuto partecipare ad un evento canoro per cui era stato pattuito un compenso, non corrisposto a causa della sua assenza, ed ugualmente al caso di un libero professionista e di uno sportivo che, rispettivamente, non abbiano potuto fornire la propria consulenza in un incontro all’uopo organizzato o prendere parte ad una gara od esibizione per cui ai suddetti soggetti era stato promesso un compenso proporzionato e condizionato alla  effettuazione della attività non svolta.

In via di principio, si potrebbe ipotizzare, all’esito dell’inadempimento della Compagnia aerea che abbia fatto perdere irreversibilmente al viaggiatore una opportunità di lavoro per non essersi presentato all’appuntamento all’uopo fissato, a causa del disservizio del vettore, un danno da perdita di chance, che, come è noto, viene fatto rientrare nella macrocategoria del danno patrimoniale da lucro cessante e fatto consistere in quella concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene della vita.

Deve trattarsi, cioè non della mera possibilità di ottenere un risultato favorevole ma deve essere caratterizzato da una consistente possibilità di successo che il Giudice dovrà valutare secondo il proprio prudente apprezzamento e sulla base della esatta allegazione e dimostrazione di ogni circostanza al riguardo utile.

Ma l’endorsement della giurisprudenza comunitaria che ha dato, per così dire, “maggiore coraggio” ai giudici nell’accertamento e riconoscimento delle conseguenze pregiudizievoli scaturenti da un volo cancellato o ritardato, si rinviene nell’affermazione di principio, di cui sopra si è detto, secondo cui in subiecta materia sarebbe configurabile un danno non patrimoniale, in particolare morale, che assorbirebbe quello esistenziale: quest’ultimo, ritenuto da taluni giudici “evanescente” (v. ad esempio il GDP di Milano 06/12/2010, in Confederazione Giudici di Pace Sez. Giurisprudenza, pubbl. il 17/05/2016),  secondo altri, inammissibile (v. il GDP di Palermo  19/10/2012  ma anche Tribunale di Parma 30/06/2015 n° 1076 in Red. Giuffrè De Jure 2015 – in quanto non tutti i pregiudizi o disagi non pecuniari sono risarcibili ma solo quelli espressamente dichiarati tali dalla legge ovvero derivanti dalla lesione di valori inviolabili della persona), da altri ancora, cumulabile con quello morale ( v. GDP di Bari 28/06/2006 n° 4605 – in Red. Giuffrè De Jure 2006-  ad avviso del quale il danno esistenziale , nella specie caratterizzato da spasmi, ansia ed irritazione rappresenta un quid pluris risarcibile se provato soprattutto sotto il profilo del nesso causale)

Si è scelto di citare solo alcune decisioni dei Giudici di Pace perché esse rispecchiano il contrasto che tutt’ora sussiste nonostante le indicazioni nomofilattiche fornite dalla Cassazione con la sentenza 10/06/2015 n° 12088.

Così , infine, per citare altro esempio significativo in subiecta materia,  la risarcibilità del danno morale è stata affermata in una recente sentenza del GDP di Civitavecchia 20/03/2017 n° 571, mercé un interessante percorso interpretativo volto ad equiparare – per identità di ratio – la fattispecie del danno non patrimoniale espressamente prevista nella ipotesi di vacanza rovinata (art. 47 D.lgs. 79/2011) a quella relativa al pregiudizio scaturente da un imbarco negato o da un volo cancellato o ritardato, sostanziando simili accadimenti uno stress, disagio e sofferenza transeunte al pari di quanto accade nella c.d. vacanza rovinata; fastidi e sofferenze che, secondo il GDP civitavecchiese vanno anche ad incidere su diritti costituzionalmente garantiti quali quelli relativi alla esplicazione della persona umana realizzabile anche attraverso lo svago, lo sport, il tempo libero.

È appena il caso di rilevare, a tale ultimo riguardo, che la già citata decisione della Corte Regolatrice 12088/2015 sembra, però, muoversi in direzione opposta ricordando che la risarcibilità del danno morale, ipotizzato in via di principio dalla Corte di Giustizia UE 13/10/2011, incontra dei limiti applicativi laddove si debba far riferimento alla legislazione interna di ogni stato membro: limiti che (da NOI) sono stati chiaramente indicati dalla Suprema Corte a S.U. (sentenza 26972/2008) che in pratica ha confinato l’area del danno non patrimoniale in precisi “spazi” al di là dei quali si trova collocata la modesta fattispecie dei meri disagi o fastidi che, anche in ragione del principio di solidarietà sociale, di cui all’art. 2 Cost., debbono essere tollerati e non possono essere risarciti.

È bene qui riportare la massima della importante decisione della S.C.: “il fondamento normativo per il risarcimento del danno non patrimoniale, derivante da violazione degli obblighi di assistenza a terra dei passeggeri non può reperirsi direttamente nella fonte sovranazionale, ed in particolare né nell’art. 9 né nell’art. 12 del Regolamento UE n° 261 del 2004, ma deve farsi riferimento alla convenzione di Montreal del 1999 se applicabile o comunque alle norme dell’Ordinamento interno e ai limiti da questo fissati al risarcimento stesso. E, quindi, laddove come nella specie, il passeggero con volo cancellato o lungamente ritardato,  sia soggetto ad una prolungata permanenza in aeroporto durante la quale la compagnia aerea non gli abbia prestato l’assistenza prescitta dall’art. 9 del Regolamento UE n° 261 del 2004, la sua domanda di risarcimento del danno non patrimoniale derivante dal disagio subito a causa della mancata assistenza va incontro ai limiti interni alla risarcibilità del danno non patrimoniale, fissati da Cass. S.U. n° 26972 del 2008; di conseguenza essa deve escludersi, non essendo neppure ipotizzata né ipotizzabile una ipotesi di reato, non rientrando in una ipotesi di danno non patrimoniale risarcibile espressamente prevista dalla legge (interna o sovranazionale) e non essendo riconducibile alla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale”.

 

A cura dell’Avv. Antonio Arseni Foro di Civitavecchia