Sfratto per morosità. La trasformazione del rito da sommario a cognizione piena, seguito della opposizione della parte intimata, ha effetti prosecutori del procedimento introdotto o dà luogo ad un procedimento nuovo? Mutatio ed emendatio libelli (Cass.21.03.2017 n. 7430) A cura dell’avv. Edoardo Nesci – Foro di Civitavecchia

 

“NEL PROCEDIMENTO PER CONVALIDA DI SFRATTO, L’OPPOSIZIONE DELL’INTIMATO AI SENSI DELL’ART. 665 C.P.C. DETERMINA LA CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO A CARATTERE SOMMARIO E L’INSTAURAZIONE DI UN NUOVO E AUTONOMO PROCEDIMENTO A COGNIZIONE PIENA, ALLA CUI BASE VI E’ L’ORDINARIA DOMANDA DI ACCERTAMENTO E DI CONDANNA,  ED E’ CONSENTITO AL LOCATORE DOMANDARE CON LA MEMORIA DI CUI ALL’ART. 426 C.P.C. LA CONDANNA AL PAGAMENTO DEI CANONI PREGRESSI IL CUI MANCATO PAGAMENTO NON E’ STATO DEDOTTO NELL’INTIMAZIONE DI SFRATTO PER MOROSITA’ “

 

Questo è il principio affermato dalla Cassazione nell’Ordinanza della III Sezione Civile del 231/03/2017, n° 7430, che trae origine dalla controversia insorta tra locatore e conduttore ove con la memoria integrativa, ex art. 426 c.p.c., il locatore aveva domandato il pagamento di canoni pregressi non dedotti nell’intimazione di sfratto.

La domanda inizialmente accolta in primo grado è stata successivamente respinta in appello, ma la Cassazione, con la sentenza in commento, accogliendo il  gravame, cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, rinviando la causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino e enunciando i principi suddetti.

Punto nodale della vicenda sono i limiti posti all’integrazione degli atti introduttivi mediante la memoria prevista dall’art. 426 c.p.c., a seguito dell’opposizione dell’intimato ai sensi dell’art. 665 c.p.c.. che, secondo l’evoluzione della giurisprudenza della Corte, determina la conclusione del procedimento a carattere sommario e l’instaurazione di un nuovo e autonomo procedimento a cognizione piena, alla cui base vi è l’ordinaria domanda di accertamento e condanna, e nel quale le parti possono esercitare tutte le facoltà connesse alle rispettive posizioni, ivi compresa per il locatore la possibilità di proporre una domanda nuova.

Questo è l’orientamento, allo stato, assolutamente prevalente, citandosi ex pluribus, Cass.8336/2004, Cass.21242/2006, Cass.25399/2010, Cass.12247/2013. La particolarità della decisione in commento della Corte Regolatrice  è data dal fatto che interviene in una fattispecie in cui il pagamento dei canoni di locazione era stato richiesto con la memoria integrativa, circostanza che, secondo una parte della giurisprudenza di merito, renderebbe  inammissibile  la domanda in quanto nuova.

Quindi, la prosecuzione del giudizio, in seguito alla ordinanza di trasformazione del rito, non deve essere intesa nel senso letterale del termine ma piuttosto come chiusura del procedimento a cognizione sommaria ed apertura di un giudizio a cognizione piena. In tale prospettiva le preclusioni proprie del rito del lavoro scattano, all’esito dell’adozione di detta ordinanza, con il deposito, nel termine concesso dal giudice, della memoria integrativa ex art. 426 c.p.c. Quest’ultima non può e non deve essere letta nel senso di rimedio alla irregolarità di una controversia di lavoro introdotta nelle forme ordinarie, ma segna il passaggio dal procedimento sommario alla controversia locatizia.

Lo sbarramento di cui all’art. 420, 1° comma c.p.c., sulla possibilità di modificare le domande, si riferisce non all’originaria domanda di cui all’intimazione di sfratto, ma  a quella così come cristallizzata nella memoria ex art. 426 c.p.c. Stesso principio riguarda le eccezioni, con la conseguenza che le memorie integrative segnano il limite temporale entro il quale le parti (attore e convenuto) sono tenute , a pena di decadenza, a precisare le proprie rispettive, definitive, posizioni attraverso le allegazioni assertive e probatorie.

In conclusione, nel procedimento per convalida di sfratto, l’opposizione dell’intimato dà luogo alla trasformazione dello stesso in un processo di cognizione, destinato a svolgersi nelle forme di cui all’art. 447 bis c.p.c., laddove il thema decidendum risulta cristallizzato solo in virtù della combinazione degli atti della fase sommaria e delle memorie integrative ex art. 426 c.p.c., potendo l’originario intimante, in occasione di tale incombente, non solo emendare le sue domande, ma anche modificarle.

Maggio 2017- Avv. Edoardo Nesci- Foro di Civitavecchia